Milano e l’acqua: navigli e canali

(…) La costiera, formata dal deposito di tre grossi torrenti, scende appoggiata a due monti contigui, l’uno detto di san Martino, l’altro, con voce lombarda, il Resegone, dai molti suoi cocuzzoli in fila, che in vero lo fanno somigliare a una sega: talché non è chi, al primo vederlo, purché sia di fronte, come per esempio di  su le mura di Milano che guardano a settentrione, non lo discerna tosto, a un tal contrassegno, in quella lunga e vasta giogaia, dagli altri monti di nome più oscuro e di forma più comune.

(Alessandro Manzoni, I promessi sposi, capitolo I)

 

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Si può leggere la storia di una città come Milano anche osservandone il reticolo idrografico. A vederla oggi non si direbbe, ma Milano ha costruito gran parte della sua storia e fortuna grazie al complesso sistema di vie d’acqua che ne hanno profondamente influenzato la struttura urbana e che la collegano, fin dal medioevo, ai principali fiumi del territorio. Grazie al sistema dei Navigli, costruiti in più fasi a partire dal XII secolo, Milano era (anzi, è tuttora) collegata ad ovest al Ticino, tramite il Naviglio Grande; ad est all’Adda, tramite il Naviglio della Martesana; a sud sempre al Ticino tramite il Naviglio Pavese, ma presso Pavia e quindi indirettamente anche al Po. Il Naviglio Grande giunge sino al bacino della Darsena, in città, da cui prende il via il tracciato del Naviglio Pavese: siamo nella cosiddetta zona dei Navigli, a sud di Porta Ticinese, e l’area della Darsena – per quanto trasformata dagli interventi del ‘900 – rimane uno dei più affascinanti luoghi della metropoli.
Le vie d’acqua più strettamente connesse al tessuto cittadino furono realizzate a partire dalla metà del 1100, andando a costituire l’antica fossa difensiva: essa ebbe un ruolo fondamentale nel disegnare uno dei perimetri storici anulari della città, perimetro sottolineato poi dalle opere di fortificazione erette soprattutto in età viscontea (con le porte volute, nel XIV secolo, da Azzone Visconti). Con la costruzione delle mura spagnole, la “fossa” divenne “fossa interna” ed ebbe soprattutto un utilizzo legato alla circolazione interna di imbarcazioni per il trasporto di materiali, oltre che per gli usi quotidiani cui era destinata la sua acqua.

 

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La fossa interna fu interamente ricoperta nel ‘900 e coincide sostanzialmente con l’anello di strade note come “cerchia del Navigli”. Il suo tracciato è quindi oggi ancora identificabile e, percorrerlo, offre l’opportunità di preziosi incontri. Ad esempio, ci si può imbattere nel cosiddetto tombone di San Marco, l’ingegnosa conca tramite la quale l’acqua del Naviglio Martesana – proveniente da nord est – si immetteva nel perimetro circolare della fossa interna, consentendo di superare il dislivello esistente grazie ad un sistema di chiuse. La conca risale ai tempi di Ludovico il Moro e se ne attribuisce la realizzazione ad un progetto di Leonardo da Vinci. Oltre alle opere idrauliche ancora visibili lungo la cerchia dei Navigli, nel percorso si possono osservare alcuni straordinari monumenti milanesi: come la chiesa di San Marco – prossima al tombone – fondata nel ‘200, ricca di opere d’arte e impreziosita da un raro presepe in sagome di legno e tela, opera di Francesco Londonio. In questa chiesa, Giuseppe Verdi diresse, in prima esecuzione assoluta, il suo Requiem.  Percorrendo il tracciato dei Navigli si passa a sud della Ca’ Granda, gioiello rinascimentale iniziato dal Filarete; si passa vicino ad un altro splendido tempio come Santa Maria presso San Celso (sontuosa architettura realizzata tra quattro e cinquecento, che tra le altre opere d’arte ospita la Conversione di San Paolo del Moretto, ritenuta ispiratrice dell’omonima opera del Caravaggio a Santa Maria del Popolo a Roma).

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Si costeggia poi la Porta Ticinese medioevale, con le copie delle statue scolpite da Giovanni di Balduccio  nel ‘300 su committenza di Azzone Visconti; e se poi, lasciando il percorso della cerchia, si prende Corso di Porta Ticinese, si passa davanti alla Basilica di Sant’Eustorgio – con la celebre Cappella Portinari, magnificamente decorata dagli affreschi quattrocenteschi di Vincenzo Foppa. Ma nelle vicinanze, la via Conca del Naviglio rivela ancora la presenza di una delle conche che regolavano il passaggio delle acque tra la fossa interna e, in questo caso, la Darsena. E proprio alla Darsena e alla zona dei Navigli arriviamo, in conclusione: torniamo, così, all’inizio del nostro racconto, ma tenendo presente che ripercorrere le trame dell’acqua a Milano significa, in realtà poter costruire molteplici itinerari e racconti di paesaggio urbano di straordinaria varietà e interesse.

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